Giuro che ho provato più volte ad ascoltare la “Lezio Magistralis” del Dicuius sulla buona scuola, ma non ci sono
riuscita. A vari intervalli di tempo ho dovuto interrompere la visione per
sopravvenuto attacco di nausea.
E’ palese la preparazione di un set ad hoc basato su
stereotipi di antica memoria atti alla rassicurazione del pubblico.
Lo sfondo della biblioteca a parete con tomi rilegati in
pelle, e la vecchia lavagna nera, di quelle che si possono girare e che una
volta venivano usate come angolo di castigo per gli indisciplinati.
Un docente in camicia e cravatta con gesso in mano e fare
tipico del maestrino che si rivolge alla classe di ragazzini ignoranti e duri
di comprendonio.
- “Adesso vi spiego con parole semplici e schemini
adatti ai deficienti più incurabili che non avete capito nulla di quanto io sia
buono e bravo e voglia fare il vostro bene!”
Da cittadina, ed ex docente, mi sono sentita insultata,
denigrata, offesa, come solo una volta nella vita mi era già successo, quando
un medico ad una mia domanda specifica mi chiese “come mai sapevo quelle cose”. (Per inciso gli risposi che sapevo
anche leggere e scrivere).
La sequenza logica dell’esposizione è da manuale di regole della
comunicazione :
- - primo
un elogio mascherato al pubblico per dimostrare l’empatia
- - poi
un’esposizione delle intenzioni positive in contrasto alle opinioni negative
il tutto con fare colloquiale ed ammiccante.
- - Quindi lodi ai destinatari dell’informazione che non hanno colpe, ma sono stati solo
male informati
- - A
questo punto è giunto il punto focale dell’informazione per parole chiave
scritte in fase di discorso così da sottolinearne la valenza
- - Infine
l’esaltazione di quei provvedimenti che si suppone siano più d’interesse, e
quindi con valore aggiunto, per la platea
La somiglianza con il pinocchio di Collodi ad ogni frase
diventa sempre più reale, visto che il naso cresce ad ogni bugia.
Tangibile la supponenza traspare da ogni movimento, pur
studiato da attore navigato.
Non mi dilungo sulla contestazione di quanto ascoltato perché
ben chiaramente ne ho scritto, a partire dal post “La Scuola che vorrei” del 15 gennaio 2014, a “Era meglio morire da piccoli” di febbraio 2014, a “La Buona scuola” di ottobre 2014, a “Scuola: lei non sa chi sono io” di marzo
2015, a “Questi danno i numeri” del
recente 24 aprile scorso (pubblicati nel
mio blog ).
Vorrei solo spiegare al Dicuius che l’insegnamento è un mondo a se, e che nessun test
Invalsi potrà mai quantificare il vero valore della scuola, perché, come disse il
pedagogista svizzero Pestalozzi due secoli fa, "Per condurre qualcuno
non importa dove, bisogna prenderlo dove
egli è", dunque il più importante fattore che influenza
l'insegnamento sono le conoscenze che lo studente già possiede, ed una
qualsivoglia indagine comune a tutte le scuole ignora sempre il percorso
compiuto, ma si limita a determinare il raggiungimento di un traguardo che non
sempre (anzi quasi mai) è fondamentale per la crescita culturale di un ragazzo.
Sono stracontento di non essere solo io ad aver sproloquiato davanti alla sceneggiata da avanspettacolo di quint'ultimo ordine del dicuius.(Mi auguro che gli eredi parentali siano migliori di lui).
RispondiEliminaUn salutone,
aldo.
Ho volutamente atteso la riunione di ieri sera del pd prima di esprimere altre opinioni in merito.
RispondiEliminaE avevo ragione, ieri Renzi ha per l'ennesima volta cambiato le carte in tavola, dopo 30 giorni di slogan del tipo "Sulla buona scuola non accettero' diktat dai dissidenti" e' passato a "sono disponibile a modifiche".
ma non credere che si tratti di un ravvedimento disinteressato, e' tutto un conto politico sulla pelle, in questo caso, degli insegnanti e degli alunni. Dopo essersi reso conto che presentare due ectoplasmi come la Moretti e la Paita per prendersi i voti dei "moderati" ha significato prendersela in culo, allora tenta di virare con un contentino verso la sinistra del partito, classico giochetto da prima repubblica.
In questo sport, chiamato trasformismo, Andreotti era il maestro.
hasta
Zac