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13 settembre 2017

ROMANZO AMENO

Sto rileggendo “Il marito in collegio” di Giovanni Guareschi, un libro che fa parte dei miei ricordi di gioventù, riacquistato tanti anni fa quando uscirono sul mercato le “edizioni economiche”.
Il sottotitolo lo definisce “romanzo ameno” e la mia mente, con uno di quei processi analitici costruttivo-deduttivi-ironico-considerativi, mi ha posto una domanda :
“Chissà quanti ancora sanno che non c’è alcun errore tipografico nella parola ‘ameno’, interpretandola istintivamente come “a meno” visto che è un’edizione economica?
E mi è venuta subito in mente la ministro della Pubblica Istruzione che sicuramente di esperienza nella scuola si limita ad avere quella del suo (dubbio) percorso scolastico.
Malignamente penso che per lei “l’integrale” sia solo un tipo di farina e sette per otto faccia quarantotto.
Istruzione… una scuola ormai allo sfascio in una società avvelenata, in questa Italia condannata al dominio di rapaci Signor Nessuno che vogliono solo ciò che è nel loro interesse, per perseguire il quale usano il piano dell’ignoranza collettiva.
Molti anni fa ho criticato severamente la direttiva che imponeva alle maestre elementari di insegnare prima le serie numeriche e poi le tabelline, fatto che ha creato una generazione che impiega alcuni secondi per rispondere alla domanda “quanto fa tot per tot” perché devono percorrere mentalmente la serie, avendo immagazzinato nella memoria a lungo termine queste invece che l’automatismo delle tabelline. Cercando di rimediare a questo errore ho insegnato le vituperate tabelline a mia figlia durante il percorso in auto tra casa e piscina. Siamo arrivate a quella del sette quando è finita la stagione… Otto, nove e dieci sono rimaste serie numeriche.
A tal proposito ricordo le facce dei miei allievi quando, facendo i problemi alla lavagna, risolvevo i calcoli a mente più velocemente di loro con le calcolatrici. Non si accorgevano che nell’inventare i numeri usavo multipli del cinque e del due per renderli facili!
Multipli… sapranno cosa sono?
Ma se l’insegnante è laureata in “disciplina affine” a quella che deve insegnare come saprà cavarsela?
E sapranno i ragazzi cosa vuol dire “affine”?
La ministro della P.I. saprà come si “comunica” una nozione per farla diventare cultura?
Non certo con l’uso di tablet, pc, smartphone ecc., ma con tanta pazienza e tempo. Infatti parla di accorciare il numero di anni sia del liceo che delle medie inferiori.
Apri la bocca e ingurgita qualche nozione e Gribaldi sarà “quello dei 1000” e basta, e non sapranno dire se euro, dollari o sterline.
Lo studio è un’attività che richiede allenamento, volontà e fatica, ma quanti ragazzi sono allenati, quanti hanno la forza di misurarsi con ciò che oggi sembra  loro impossibile?
Ho chiesto, tanti anni fa,  ad un allievo come reagiva quando, durante una corsa agonistica in bicicletta, doveva attaccare in salita  alla fine della corsa quando non aveva più energie.
Rispose “Stringo i denti e vado”.
Allora suggerii “Perché non lo fai anche quando devi studiare e non ti va?”  e la risposta fu che lo studio era più difficile e meno divertente.
Già, molto più difficile perché ormai il cervello non è più considerato da allenare.
La “nuova didattica”, che dovrebbe stimolare la creatività, deve invece adattarsi ai tempi concessi, senza contare che l’inventiva richiede spazi senza limitazioni, e nulla è più dannoso che interrompere il pensiero nel momento in cui si è formato e sta per esprimersi.
Anche la società dell’immagine, che costruisce solo percorsi evanescenti, tempi d’attenzione limitati, abitudine agli stimoli che si rinnovano velocemente, e che non concedono intervalli adeguati all’interiorizzazione dei concetti, disabitua alla ricerca del non noto che dunque rimarrà tale.
Per i ragazzi è più semplice utilizzare un adulto che.. “a domanda risponda in modo telegraficamente chiaro”, che ricercare  la risposta autonomamente, ed è anche più veloce, perché il testo letto non sempre è comprensibile al vocabolario limitato, patrimonio dei giovano d’oggi.
Il mio pensiero, spesso, si affaccia sulla vita che viviamo noi adulti che combattiamo dalla mattina alla sera con  “superiori ” non sempre disponibili, che ci alziamo alle sei ed andiamo a letto alle undici di sera, che seguiamo i figli che ci colpevolizzano per ogni pretesa disattenzione o indisponibilità, che lottiamo ogni giorno per mantenere nei limiti di tolleranza lo stress legato al nostro o ai nostri lavori, e poi ci facciamo anche carico della fatica della loro crescita, raccogliendo e ordinando le loro cose, sia in senso metaforico che reale, per far loro il regalo della spensieratezza, ma è veramente un regalo non addestrarli alla dura lotta che li aspetta nel mondo là fuori?
Una soluzione potrebbe essere chiedere alla ministro della Sanità un vaccino obbligatorio anche per la frustrazione della vita che dovranno affrontare…. Se c’è. 

2 commenti:

  1. Tu pensi, Anna, che gli attuali giovani e giovanissimi, oggi fruitori del diritto allo studio e all'istruzione, per via della "qualità" degli stessi, un domani saranno adulti "frustrati"? Io non lo credo affatto ma, piuttosto, propendo nel pensare che saranno capre inconsapevoli e felici. Per ipotizzare che un domani potrebbero essere adulti frustrati, oggi dovrebbero essere individui capaci di percepire la realtà che li circonda, avere aspettative future anche elementari tipo voglio fare l'infermiera, il pompiere, l'avvocato (e non la velina oppure il tronista), avere bisogni che non siano quelli di base tipo "pappa, cacca, telefonino"... insomma, individui che già coltivano una propria dignità e la difendono. Sono convinto che gli attuali giovani e giovanissimi saranno come quelle capre dei loro genitori, i quali pur avendo goduto di un tipo di istruizione un pelino migliore ed aver vissuto in un'epoca in cui i diritti c'erano ancora ed erano difesi, oggi sono dei perdenti. Non ci saranno futuri frustrati ma solo capre felici. Basterà garantirgli un collegamento ad un terminale e l'accesso gratuito ai social... il resto, amen!

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  2. Caro Carlo, il passaggio da "capre felici" a "frustrati" avviene nel momento in cui non potranno più avere a disposizione tutto quello che desiderano, basta un solo desiderio non soddisfatto e la frustrazione arriva con possibili attacchi di rabbia. Osserva il mondo che ci circonda e vedrai tanti esempi di comportamento aderente a quanto dico. Sono depressa! Ciao, Anna

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