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25 giugno 2015

NON HO PIU' PAROLE

PUBBLICATO IL 16 OTTOBRE 2008... 
NON SO CHE DIRE DI NUOVO...

Ieri sera guardavo uno dei programmi televisivi, e dallo schermo un adolescente arrogante ed incolto raccontava con orgoglio la sua vita di piccolo ignorante parassita .
- “ .. Sti exstracommunitari ce rubbeno er lavoro! Vengheno quà pè rubbarce er lavoro. Se ne devono da annà! A casa loro! Nun li vòlemo! .. Io ce la metterebbe na bomba su le baracche dove stanno.. sotto ar ponte.. Li farebbe sartà ‘n aria!” …
Devastante! Attorno a lui un gruppuscolo dei coetanei .
-“ ..No! Io a scola nun ce vado…nun me piace.. m’hanno detto si nun voi studià và a lavorà. ‘So annato à lavorà pè poco, ma nun me piaceva e allora so restato a ccasa. Me mantengono li miei. L’exstracommunitari freghano er lavoro a uno come mi padre.. no.. o come mi madre.  Li miei lavoreno e me mantengono… Cazzeggio tutto er giorno. ..”
E’ scoppiata la polemica sulle classi differenziali per chi non parla l’italiano… a questo punto quante se ne dovrebbero fare?
Quei ragazzi dallo sguardo sfuggente avrebbero diritto ad una scuola capace di interagire con loro, ma qualcuno reputa improduttivo il lavoro di chi si occupa d’istruzione, esattamente come quello della casalinga, che passa la sua giornata a casa mentre il detersivo X lava i pavimenti per lei, il panno Y spolvera per lei lasciandole tanto tempo libero, ed i figli dopo aver contato i pezzetti di cioccolato nei bocconi, vanno a scuola felici e sereni per apprendere tutto lo scibile elargito da docenti amorevolmente sorridenti e prone ai desideri dei fanciulli.
Accidenti! Non hanno capito un tubo! La scuola produce il lavoratore di domani, ma a chi legifera non interessa. Impadronirsi delle parti redditizie dello stato, quello si che interessa, garantire l’immunità a chi distorcendo bilanci e infognando debiti ha quasi fatto crollare l’economia mondiale, quello si che interessa, ma garantire la possibilità di essere istruiti.. quello è solo un impiccio da risolvere con tagli e sforbiciate.  
Nelle scuole il numero di ragazzi  poco avvezzi, o completamente digiuni della lingua italiana è sicuramente aumentato negli ultimi anni, e il sistema scolastico ha adeguatamente reagito con “progetti di alfabetizzazione” che riunivano gli stranieri in gruppi di studio della lingua italiana in tempi e modi differenti a seconda del grado di scuola, mantenendo però sempre l’appartenenza alla classe di provenienza. Ma questo ha un costo, visto che ci vogliono almeno due docenti in contemporanea.
C’è stato il taglio delle risorse alla scuola, e con questo il taglio dei docenti, l’aumento del numero degli allievi per classe, e, tanto per gradire, anche la razionalizzazione a livello regionale delle scuole con la soppressione di quelle con meno di 500 allievi, il che vuol dire più di 4000 istituti in Italia.
A questo punto un docente che ha davanti una trentina di ragazzini della fascia dell’obbligo, tra i quali parecchi che non parlano italiano, o che lo parlano e fanno finta di non capire, uno sport praticatissimo a quelle età,  che deve fare? Allora, per risolvere il problema, facciamo le classi differenziate, mandando al macero  le esperienze d’alfabetizzazione, così tutti i “rompicoglioni” finiscono in un tritacarne qualsiasi, tanto chissenefrega, e per gi altri facciamo una scuola ai limiti della decenza.
Nel blog di Luk4 ho trovato il discorso di un giurista e costituzionalista di innegabile statura, Piero Calamandrei, sulla scuola. C’è da meditarci .
“..«”Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione , non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura.   Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia perfino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece cha alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo apertamente trasformare le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tenere d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi, ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. ” » 
 (in Scuola Democratica, 20 marzo 1950. )
Amen!

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