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26 ottobre 2020

FIABE A MODO MIO : 

Fiorella ed i sette cani 

Nella piccola città, cresciuta nel tempo lungo le rive del lago dalle acque color del cielo, e la collina verde di vigneti e di boschetti di nocciole, c’era, sulla via principale, un palazzetto color malva, con le finestre bifore al piano nobile, il primo, e con il tetto in ardesia, sul quale troneggiavano due torrette cilindriche, con le finestre dominanti il paesaggio sia lacustre che collinare, ed anche i giardini del Municipio vicino.

Viveva in quella casa una famiglia di persone tanto “per bene”, composta da padre, madre ed una bimba dagli occhi grandi come l’amore che i suoi genitori avevano per lei, ( finché la mamma non morì ed il padre, disperato non si consolò con la bellissima figlia del macellaio del paese, piuttosto giovane, e molto appetibile). La matrigna andava d’accordo con la piccola, anche se la lasciava troppo spesso alle cure della governante, una donna saggia ed affettuosa.

La vita scorreva tranquilla nel villaggio, tutti si facevano i fatti propri, le piccole rogne quotidiane non pesavano più di tanto sulla naturale allegria della gente, e nessuno sentiva la mancanza della televisione, che trasmetteva “a singhiozzo” nella zona, solo per mancanza di ripetitore in posizione adeguata. Il mondo poteva cominciare e finire in quel fazzoletto di terra che affidava la propria sopravvivenza all’ottimo vino, alle nocciole di qualità e all’autosufficienza alimentare grazie agli orti, alle stalle e alle aie con le galline starnazzanti e i recinti con i conigli.

Troppo, troppo, troppo bello per durare!!

Ed infatti .. un maledetto giorno un imprenditore, che viaggiava verso la sua baita privata nella famosa zona “alla page”, nella sua Limousine con autista e tv satellitare, frigo-bar, forno a microonde e microtoilette inserita nella spalliera, (con deodorante automatico e programmatore della pulizia e sciacquo delle terga, con circuito di compressione dei gas di scarico umani, e riciclo nella funzione motrice dell’auto a carburante non inquinante) , per una breve distrazione del conducente, (impegnato nella caratteristica detersione delle canne di scarico del fiato umano, comune a tanti uomini impegnati nella guida di un veicolo a motore), si ritrovò su quella via dimenticata dai cartografi comuni, e segnata solo sulle carte militari.

Destino volle che, per semplice caso, tanta inviolata purezza cadesse sotto gli avidi sguardi di quell’alligatore in giacca e cravatta, proprio nel momento in cui il portafoglio azionario era in salita e facili guadagni potevano garantire un debito afflusso di contante da investire.

Gli occhi dello speculatore si posarono immediatamente sul palazzo color malva, perchè sembrava fatto apposta per il set della telenovela “Anche i poveri tentano di ridere”, che, da trentadue anni sei mesi e tre settimane, andava in onda alle diciotto e zerodue, tutte le sere (domenica compresa) sul canale “Retedapesca 4”, in replica alle dodici ed alle zerotrenta sulla rete “Cannadapesca 5” e alle otto e quarantacinque su “Lanostrapatria 1”. Era un colossale intreccio di vite vissute, amori e morti (anche tra gli spettatori, naturalmente per vecchiaia!) che fruttava ancora un numero notevole di fans, anche perchè la programmazione delle altre reti negli stesi orari non concedeva alternative, e, poi, il sottile piacere di assistere all’aumento delle rughe in diretta, era lo stimolo per cui restavano fregati di anno in anno.

I protagonisti nascevano in diretta, peggio del “Big Brother”, ed in diretta, un paio erano morti!

L’ultimo domicilio del “nucleo di base” era crollato durante un terremoto, (in diretta), però non aveva sfoltito le fila degli interpreti, ma li aveva aumentati, con il ritrovamento nella caverna, esistente sotto le cantine e dimenticata da anni, di due zie, una lontana cugina, ed un nonno, che ora cercava la casa in cui era nato.

  • La casa nativa del nonno!”

Pensò il marpionaccio, e fece fermare con uno stridio dei freni la Limousine proprio di fronte al portoncino socchiuso.

Due lucidissimi mocassini di pelle nera, indossati sotto un pantalone grigioperla completato da una giacca di lana blu negligentemente gettata sulle spalle, posarono le suole sul selciato quasi con degnazione, mentre il piccolo uomo che li indossava, alzava lo sguardo verso le torrette della casa, sollevando anche un paio di occhiali da sole, per ammirare l’effetto del color malva.

  • Very Wonderful ! C’est magnifique! That’s all right! L’è lù! E’ quello che ci vuole.......... Peeeermesso??? Posso entrare???..... Che meraviglia! ... Ohhhhh! ...”

disse dopo essersi introdotto nella casa attraverso il portone lasciato aperto, perchè in quella città nessuno chiudeva la porta, non era necessario, coccodrilli, caimani, alligatori... o altre bestie del genere non esistevano da quelle parti.

Nessuno rispondeva, perchè non c’era nessuno. Il padre era al lavoro nella vigna, la mamma e la figlia, adolescente ormai, erano andate nel boschetto a raccogliere nocciole per fare una minestra strana che piaceva tanto alla gente del luogo.

L’intruso, non se ne dette pena e continuò nel giro d’ispezione, trovando la cucina deliziosa, la protagonista della telenovela ci sarebbe stata benissimo, le camere, poi, ..un vero portento! Con il lettone a baldacchino, fatto a mano con legno di faggio lucidato a specchio! Che scene meravigliose sarebbero state girate! ......

  • Presto! “ - disse all’autista uscendo di corsa e tuffandosi letteralmente nella macchina, perchè era inciampato nella soglia del portone - “ portami in un albergo, ‘che devo organizzare tutto! E’ tutto così perfetto che temo svanisca! Guarda anche la gente che ci osserva come può diventare protagonista della storia! Guarda che facce interessanti, .. Questi pur di apparire non vorranno neppure essere pagati! Quanto ci scommetti! Guarda quel Pirla con il cappello di sghimbescio, potrebbe essere il fratello scomparso del nonno, e quella ...pezzo di figliola, ne faccio un boccone! Ahhmmm!.. Insomma, Chiedi se c’è un albergo!, chiedi dov’è il Municipio!, presto!! ‘che devo organizzare tutto, la troupe..... il regista.. quel morto di sonno del commediografo che deve riscrivere il copione in loco, così si ispira all’ambiente!”

L’autista, che stava beatamente succhiando un cioccolatino ripieno di liquore, al tuffo nell’auto si trovò sbalzato verso il volante, con il liquore inghiottito per traverso ed il berretto calato sugli occhi, e tossendo come un disperato, con le lacrime che fluivano copiosamente e il cuore che lottava nella gola, con gli spruzzi di cacao al rhum misti alla saliva ed ai residui di un respiro affannoso, si mise a cercare disperatamente la chiave d’accensione caduta, non capiva come visto che era rimasta infilata nella toppa dell’avviamento, sul tappetino di pelliccia ecologica. Trovatala, mise in moto senza capire la direzione da prendere, e cercò, tra le lacrime un passante a cui chiedere.

La gente del luogo, dal cuore grande come un cocomero, davanti ad un uomo in limousine che piangeva, tossiva e cercava di parlare, si radunò in capannello nel desiderio di offrire aiuto. Spuntarono caramelle per la tosse, bicchieri d’acqua e anche una Coca dimezzata, ma non c’era tempo per comprarne un’altra. Le risposte alle domande furono tante e tali che il passeggero pensò bene di scendere e cercare di prendere in mano la situazione, visto che, come imprenditore, era veramente un asso nel risolvere i problemi (da ladro matricolato), ma sempre un asso!

Il dottor Arroganza ergendosi in tutta la sua statura, un metro e ....”ot..tanta voglia di crescere”, si fece largo tra la gente che si girò verso di lui, e la perpetua, che deliziava le sue serate con le riviste di gossip, lo riconobbe e strillò :

  • Il cavalier Arroganza quì a Valle Verde!! Che onore!!!!! shür sindac!!! Venga avanti che al cerca propri Lù “

Il sindaco, casualmente presente tra la gente del capannello, togliendosi il cappello, l’unico Borsalino del paese, si affrettò a porgere la mano al Cavaliere, (visto che il dott. era anche Cav. e anche Sua Eccellenza sig. ), ma senza ottenerne che un sorriso a dentiera intera da dietro il quale emerse un

  • Mi consenta sig. sindaco.... vorrei scambiare in privato qualche parola con lei..

  • Ma certo Sua Eccellenza, venga nel Municipio, c’è il mio studio a sua completa disposizione, Largo.. Fate largo ... Offrite a mie spese un cordiale all’autista di Sua eccellenza.... S’accomodi

Ed entrando nel Municipio, sbattè sul muso dei concittadini il grosso portone della casa.

In fondo ad uno scalone degno di una villa rinascimentale, anche se di proporzioni ridotte, si apriva una serie di stanze dai soffitti in legno con le travi a vista, col pavimento in assi di legno lucide da sembrare vetrificate, dalle grandi finestre con gli scuri di legno naturale.

  • Meraviglioso, ...

Continuava a ripetere il caimano, con gli occhi brillanti di cupidigia, perchè già immaginava come sfruttare quell’accoglienza così deferente, a proprio tornaconto.

Accomodatosi nella poltrona offertagli dal sindaco, cominciò a sondare il terreno per un “affitto” praticamente di tutto il paese, in cambio di pubblicità e lustro, ma soprattutto volle sapere di chi era il palazzetto color malva, che si vedeva dalla finestra.

Mentre osservavano le finestre di fronte, ecco apparire ad una di esse la figura femminile più carina che mai gli fosse capitato di vedere..

  • Chi è quella meravigliosa figura!

Chiese il Cav. affascinato. Il sindaco, un po’ perplesso per il tono di voce assunto dall’ospite, spiegò che si trattava della consorte del padrone di casa, tale Pietro De’Fresconi, antica famiglia del paese, che possedeva i vigneti nel punto più assolato della vallata, e si chiamava Attanasia, ma aveva un caratterino che guai.... Avevano anche una figlia adolescente , di primo letto del padre, ma tanto affettuosa, che cantava come un usignolo, ..

Il dott. Arroganza spiegò al sindaco come fosse adatto, il paese, alla storia che stavano girando, e che avrebbe potuto avere anche lui una parte nella vicenda, magari per il matrimonio di qualcheduno dei protagonisti.... o addirittura avrebbe potuto essere il nipote del nonno redivivo, interpretato da Fedele, il famoso giornalista tuttofare, amico fraterno e fedele, che nella fiction faceva anche lo sceneggiatore, l’aiuto regista, il ragioniere, e l’assaggiatore (delle comparse carine), per poi consigliarle a chi di dovere, senza malizia, naturalmente!

Il sindaco, affascinato dalla parlantina, dalla prospettiva del successo, dal canto delle sirene nella voce del caimano, offrì tutto il suo aiuto per organizzare la cosa: per primo avrebbe condotto il Cav. a conoscere la famiglia De’Fresconi, poi avrebbe invitato tutti a cena alla “locanda dello Storione Affumicato” dove avrebbe potuto assaggiare le migliori pietanze della sua esistenza, cotte e servite dalla moglie del proprietario, che in cucina era una vera maga! Ed il proprietario gli avrebbe fatto assaggiare il vino fatto da loro, un vero “tagliagambe”!

All’uscita del palazzo comunale, intanto, si era radunata una piccola folla per vedere il Cav. Arroganza, e quando costui comparve sulla porta, partì un applauso spontaneo che finì coperto da un suono simile ad uno spettacolare pernacchione, dovuto al chiudersi del portone dietro le loro spalle (o forse non era stato il portone, ma così venne interpretato).

I due si diressero verso il palazzetto color malva, seguiti da parte dei presenti che raccoglievano, mendìci, i sorrisetti degnosi dell’alligatore.

Bussarono al portone aperto del palazzetto, e vennero accolti da Attanasia e da Pietro, avvisati dell’arrivo dal messo comunale inviato dal sindaco.

Gli occhi del marpione arpionarono il corpo della donna e non lo lasciarono che per un breve istante, per guardare in faccia quel fortunato che condivideva con lei le sue notti, progettando di sostituirlo almeno in una di queste, magari offrendogli su di un piatto d’argento una di quelle sgallettate che vivevano della luce riflessa dal set della situation comedy.

Il Cav. si chinò a baciare la mano della signora De’Fresconi, trattenendola poi più del necessario tra le sue ed accarezzando le dita delicate finché non dovette lasciarla per stringere forte quella del marito.

Accolti come ospiti di riguardo furono condotti nel salotto malva, quello “buono”, dove furono raggiunti da Fiorella, che apparve nella luce della porta come un raggio di sole. La giovine aveva la pelle di una rosa, i capelli di seta e gli occhi, quegli occhi grandi come laghi, del colore della notte più scura. Il corpo d’adolescente celava le forme future, e prometteva bene. Il marpionaccio studiò la ragazza per un istante e decise che sarebbe stata dura scegliere tra le due donne, forse avrebbe potuto usarle entrambe... Quale delle due era la più bella? Una così fresca e virginale da confondere le idee, l’altra sensuale e splendidamente opulenta, senza eccesso alcuno, la pelle ambrata dai raggi del sole, le gambe lunghe e tornite, vive quanto gli occhi del colore del mare in tempesta, quel grigio che tende al verde e contemporaneamente al blu, uno splendore. Anche il marito non era niente male, il volto nobile, gli occhi delle figlia, quelle tempie grigie erano un vero tocco di classe, e, poi, tutti quei capelli! Ancora così folti, così neri, e quelle spalle possenti ed i lombi decisamente stretti e solidi, anche all’apparenza. Che coppia meravigliosa, l’invidia del Cav. era quasi palpabile.

Ma gli affari sono affari! Nulla li doveva intralciare! Il progetto prese forma nelle parole dell’imprenditore, le trattative ebbero inizio, l’affitto dei locali fu concordato, e, con esso anche la partecipazione della famiglia alla fiction, il sindaco sarebbe stato lo chaperon, l’amico fidato, il padre sarebbe stato l’ultimo parente in vita del nonno, nulla di più facile, avrebbe solo dovuto recitare qualche scena familiare, la produzione vinicola di famiglia sarebbe stata più volte citata, una pubblicità enorme, visto l’indice d’ascolto della storia, ed anche le cantine sarebbero state luogo di ripresa.

La rete abilmente tessuta dal vecchio ragno avvolse sempre più stretta la piccola città, partendo dalla famiglia De’Fresconi e finendo alla locanda, alle vigne, ai boschetti di noccioli, al grande lago.

Il cellulare non finiva di funzionare, nei due sensi, chiamate e richiamate.

Anche la rete fissa venne occupata, con la signora Attanasia, diventata segretaria e consulente, ed il marito in funzione organizzatore logistico.

Fiorella, pur se divertita dalla confusione, pensò bene di eclissarsi nella grande cucina, per preparare un the, e la solita pappa per i quattro gatti, sette cani, e due tartarughe che vivevano nel giardino della casa. Sicuramente Cleò, la cagnetta bianca e nera, aggraziata com’era, avrebbe spuntato una parte, anche lei, nella storia, mentre, per se, non vedeva che una piccola comparsata, timida com’era! Chissà quanta gente avrebbe conosciuto! Attanasia aveva sfoderato tutte le sue arti seduttive e il Cav. sbavava ogni volta che muoveva le gambe, generosamente esposte agli sguardi. Fiorella non capiva come aveva potuto sostituire la mamma, così fine ed elegante e riservata! (Gli uomini dicono che le donne non hanno cervello e pensano con l’utero, ma loro pensano con ... pensano?! ... Si con la corteccia cerebrale profonda, quella degli istinti!... ) La ragazza era giovane, ma era cresciuta in fretta quando era morta la mamma, i suoi pensieri, nascosti dietro allo sguardo innocente della diciassettenne,(quasi!), erano frutto della capacità di osservare criticamente il mondo che la circondava, fingendo la leggerezza dell’adolescenza, ma giudicando con la durezza e l’intransigenza della profonda rettitudine morale trasmessale dalla madre.

Mentre beveva il the, la ragazza ascoltava le voci concitate, i rumori nuovi per l’ambiente, il latrare dei cani eccitati dalla presenza degli sconosciuti nella casa, il viavai continuo dell’autista del Cav. che interpellava agenti, scenografi, ecct. tramite il videotelefono dell’auto, in teleconferenza con un’eccitatissima redazione, che registrava le immagini inviate in diretta dalla videocamera inserita nell’antenna dell’auto e comandata a distanza dal PC del Cav. nel salotto della palazzina color malva.

Intanto la notte scendeva sciogliendo le ultime luci del giorno nella bruma morbida che si formava sulle acque del lago.

Fiorella, dalla finestra della cucina osservava la prima stella che appariva nel cielo color malva e pensava alla sua mamma, pensava a quei dolci sorrisi che da anni non vedeva che nei suoi sogni, quando parlava con lei, e le raccontava come fosse difficile crescere con accanto la nuova moglie del padre, sempre concentrata su se stessa, nulla di cattivo, ma mai un gesto tenero nei suoi confronti, solo la cortesia asettica della buona educazione, certo non priva di consigli pratici, ma senza contatti sentimentali, perchè per Attanasia i sentimenti erano solo quelli che provava lei, gli altri erano gli strumenti attraverso i quali soddisfarli. E la stella brillò come per un saluto ed una carezza di luce negli occhioni umidi della giovane.

Il parapiglia intanto aveva assunto una forma di organizzata confusione, con gente che andava e veniva, ma ora con compiti ben attribuiti, in funzione delle attitudini personali e delle capacità d’inserimento nella macchina complessa dello spettacolo.

Il signor Pietro, felice più che mai, organizzava, da buon padrone di casa, il traffico; “Il Cavaliere?.. Da questa parte , prego.””Il sindaco? E’ tornato al comune per organizzare le forze dell’ordine””Mia moglie? Certo tutto bene, grazie, sta facendo preparare il locale per impiantare il set”.

Già entrato nello spirito della nuova attività, l’intero paese offriva il proprio avere ed essere alla fama delle luci della ribalta televisiva, solo pochi, tra cui Fiorella, pur affascinati dalla novità, non partecipavano al gioco. La ragazza, quasi spinta da parte dalla splendente Attanasia, rifugiata in un angolo della cucina, beveva il suo the, sorridendo a chiunque entrasse, ma senza alcun cenno di partecipazione. Anche i gatti, che si erano rifugiati tra i rami del ciliegio, osservavano dall’alto il bailamme, preoccupati di non poter più raggiungere la ciotola della pappa.

Dopo due ore d’intenso lavoro, tutto era stato organizzato come un orologio svizzero, ed il sindaco era arrivato per accompagnare il Cav. alla locanda, dove l’aspettava una cenetta con i fiocchi. Solo Fiorella declinò l’invito con la scusa di un potente male alla testa, - “ ..non sono abituata a tanta confusione..”- ed intanto pensava che erano tutti pazzi da legare!

La mattina seguente, alle sette in punto, iniziarono ad arrivare macchine, camion, uomini e apparecchiature, che presero possesso della cittadina e della casa come se si trattasse di un set, ma il bello era che nessuno pareva scocciato dalla cosa.

I bimbi delle scuole non avevano certo voglia di studiare, i contadini lavorarono con un occhio al paese, uno alla strada, ed uno, quello del pensiero, a se stessi, sullo schermo di quella TV che nel loro paese non funzionava, ma che avrebbero visto in tutto il mondo!

Già! Il Cav. aveva usato bene la sua parlantina di venditore di bugie e di sogni!

Offri ad un uomo il miraggio di diventare qualcuno, ed egli non ricorderà più di esserlo già, e desidererà con tutta l’anima di entrare nella storia! Quali e quante delusioni sarebbero arrivate! La tranquilla vita di un intero paese stava per essere sconvolta come lo stadio prima, durante e dopo la partita! Quante persone erano sul punto di appallottolare la loro vita come un pezzo di carta, per poi, quando tutto fosse finito, andarlo a raccattare per ricominciare daccapo!

Per ultime arrivarono cinque enormi, luccicanti, arroganti macchinone, piene di annoiatissime “Stars”, leggermente spiegazzate e scarmigliate, ma terribilmente curiose di vedere la meravigliosa “country”, trovata così avventurosamente dal Cav. da pensare che fosse stato proprio il destino, in quel momento di stanca, a voler dare una nuova scossa al lavoro, rilanciando i sentieri della storia.

Ogni attore o attrice pensava a se, percorrendo le strade linde e solari della cittadina.

Il vecchio Fedele, sbavando leggermente dalla parte destra della bocca, retaggio di un leggerissimo ictus avuto vent’anni prima, pensava alla possibilità di rinascere come attore, dopo tanti anni di giornalismo da avvoltoio sempre in cerca di gossip, ma con il pensiero fisso alla sua vocazione di interprete tragico, avrebbe dato vita ad un nonno così pieno di sentimento da far piangere anche le pietre, con la sua innegabile esperienza di strappalacrime della cronaca.

L’attor giovine, Paul, reduce dalla casa del “Big brother”, dove aveva insidiato ed ottenuto i favori di tutte le donzelle nascosto sotto la tenda del salotto, sprofondato nel sedile posteriore guardava dai finestrini le morbide fanciulle, nutrite a latte vero, non scremato e UHT, pane fresco, olio di frantoio e uova appena scodellate.

  • Yessss! Quale libidine mettere le mani su quelle rotondità! Il grande attore nella piccola città! Nulla di più facile, espressione depressa..., la mamma morta solo da poco tempo, ... l’ultima ragazza andata con un regista famoso... tanto anche a passare per cornuto, basta poi arrivare all’obiettivo! Poi le donne non vedono le corna, ma il tradimento! Eh! Eh! Che marpione che sono!”

Il sorriso malizioso andava allargandosi sulla faccia di Paul, mentre la macchina proseguiva verso la piazza. Accanto la lui Lea, la protagonista buona, pensava a quale abito le avrebbero fatto indossare, infatti, ultimamente, la produzione, a corto di liquidi, aveva imposto di usare quelli degli scorsi anni, un’indecenza. Chissà se qualche boutique del paese avrebbe accettato di fornire i vestiti per avere la pubblicità. Girare con i soliti jeans.. sarebbe dipeso dalla storia. Con il lago vicino... qualche bel bikini, così avrebbe fatto sfigurare quella vecchia megera della Avi Chinazzi la protagonista che se la faceva con quel “moscione” del Fedele, che tra una scena e l’altra ci provava anche con la donna delle pulizie ! Depravato! Per avere quella parte aveva dovuto andare a cena con lui! Meglio non ripensarci! Le veniva ancora da vomitare! Però era stato bello restituire la cena sulle sue scarpe e poi ricattarlo! La Avi aveva due mani come padelle da frittura, e se si arrabbiava...

Le macchine, arrivate davanti al Municipio, si fermarono e tutti scesero tra due ali di persone, che facevano il coro dei loro nomi. Ognuno si schermiva, cercando di apparire modesto, mentre banalmente “gonfiava i muscoli” per apparire nella luce migliore.

L’autista del Cav., che era stato mandato ad accogliere soprattutto Fedele, quello che doveva fare il lavoro di sceneggiatura e quindi doveva per primo abituarsi ai luoghi, diresse tutti verso la casa color malva, tra le onnipresenti ali di gente, che si spostavano assieme a loro, e li fece entrare nella sala della casa dove li aspettava il sig. Pietro pronto, dopo una veloce presentazione, a soddisfare ogni loro desiderio.

Il dott. Fedele, dottore in nessuno sapeva cosa, chiese subito di visitare la casa, cominciando a pensare con il cervello del Cav., con il quale aveva una specie di sintonia extrasensoriale, immaginando il seguito della storia, nel bellissimo salotto color malva, nella grande cucina.... Ohh! Visione sublime! I pensieri si alzarono oltre misura nel vedere quella splendida creatura che gli venne presentata come la padrona di casa, Attanasia De’Fresconi, seduta alla grande tavola con indosso un negligè color malva, con i lunghi capelli sciolti sulle ubertose spalle... il respiro si mozzava in gola! Neppure la più carina delle attrici poteva minimamente gareggiare con lei! Uno sfacciato raggio di sole le sfiorava la scollatura, Come avrebbe voluto essere al suo posto!

La signora accese i cuori di tutti i presenti con un solo accenno di sorriso, mentre il marito le sfiorava una spalla presentandola ad ognuno. Anche Paul dimenticò le ragazze appena adocchiate per perdersi in quegli occhi che gli parvero d’oro.

Il dott. Fedele, che aveva già una chiara idea di come il Cav. avesse pensato di sfruttare la situazione, avendo anche avuto chiare direttive telefoniche, sfoderando il migliore dei suoi sorrisi, continuò il giro della magione.

Arrivati dinnanzi ad una porta del secondo piano, Pietro bussò con delicatezza, ed ebbe in risposta uno scoppio di latrati che fece sobbalzare tutti, poi la voce più melodiosa del pianeta, zittendo i cani, rispose che sarebbe stato meglio vedersi più tardi per non intralciare i lavori con la presenza degli animali. Il padre, raccogliendo lo sguardo preoccupato del dott. F. ( chiamiamolo come lo chiamano i suoi collaboratori, quando non usavano in segreto termini molto più familiari) spiegò che si trattava della cameretta della figlia, e che c’erano con lei i sette cani, innocui ma molto “affettuosi”, che avrebbero ,quindi, potuto essere molesti. Il giro continuò senza il contatto visivo con Fiorella, che dalla finestra, intanto, osservava l’andirivieni della gente.

Un vociare più consistente annunciò l’ingresso del Cav., baciato dalle attrici, riverito dagli attori, idolatrato dal dott.F..

Attanasia, che nel frattempo si era vestita con un abito semplice d’un colore che metteva in risalto il suo incarnato e d’una foggia che non nascondeva le sue forme, gli si fece incontro e porse la mano al piccolo uomo che, sfiorandola con le labbra mormorò :

- “ Mi consenta di dirle che la luce del sole non splende quanto i suoi occhi.”

La donna, invischiata nel miele delle parole, sorrise con falsa modestia, e chiese se fosse necessario il suo aiuto. Il dott. F. si fece avanti domandandole se ci fosse nella casa un angolo riservato, per scrivere la bozza di copione per la registrazione. Attanasia, con le dita ancora abbandonate tra le mani del Cav., fece un cenno con la testa a Pietro, che passava in quel momento, per farlo avvicinare, quindi, recuperata la mano, si accordò per cedere lo studiolo di Pietro al factotum del caimano, mentre osservava, con la coda dell’occhio, la componente maschile dei presenti che recuperava la lingua caduta per terra al suo ingresso. Dentro al suo cuore divampava un orgoglio immenso, che non le permetteva di osservare come la componente femminile dei presenti avesse iniziato a far la ruota non appena entrato il suo bel maritino!

La regista Mery, arrivata insieme alla troupe, ma assolutamente indipendente dal gruppo degli attori, (seguita amorevolmente dall’aiuto regista, tal Mauri Costante, un omino baffuto e con lo strano vizio di inumidirsi continuamente le labbra con un guizzo della lingua simile a quello dei serpenti), osservata l’atmosfera della casa, aveva immediatamente cominciato a dettare appunti riguardo alla disposizione delle luci, alla posizione delle telecamere, allo spostamento di alcuni mobili per creare delle ambientazioni maggiormente suggestive.

Mery era una donna, e questo andava detto, visto che le sue forme erano quasi efebiche e la sua voce bassa e roca come quella di un adolescente post-pubere, ma emanava un fascino dominante sulle schiere di elettricisti, fonici, microfonisti e trovarobe ( 10 persone in tutto, che si spaccavano la schiena per fare tutto, ma dovevano subire, perchè uno sgarbo al regista e ti trovavi senza prospettive di lavoro per i prossimi 10 anni!).

Il Cav. la incrociò nel vestibolo al primo piano, e presala tra le braccia, le stampò due schioccanti baci sulle guance, sibilando un ..”Carisssssima...” dall’effetto tutt’altro che sincero. Ma i soldi li aveva Lui e questo gli garantiva la credulità di chiunque.

-“Ti piace? Non è meraviglioso? Potrai sublimare il tuo genio creativo nell’ampia scelta sia d’interni che d’esterni... anzi, qualche bella scena d’amore tra i cespugli della valle, magari nelle ore del tramonto.. che ne dici? Basta che tu dica a Fede quello che vuoi, lo faccio strisciare ai tuoi piedi, anzi, gli metto un fiocco rosso in testa e te lo regalo per Natale, se vuoi!”

Una risata su due toni si insinuò tra le due figure prese a scendere le scale , investendo il povero Mauri che arrancava col fiatone, sia per la salita, che per la gelosia nei confronti del Cav. ,che aveva più charme di lui, più soldi di lui, pochi, ma più capelli di lui, anche se sicuramente meno intelligenza di lui, quello che lo fregava di certo, perchè, per diventare “Il Cav.” ci voleva una pelliccia nello stomaco, e lui era sinceramente animalista, ma soprattutto l’incoscienza dell’intelligente medio-basso.

Lui, Mauri Costante, piccoletto, tarchiatello, ma di vero e proprio ingegno nel campo dello spettacolo, di strada ne aveva fatta, partendo dagli scalini più bassi fino all’altare, anche non in senso metaforico, della regia condivisa con la sua dolce metà, per quanto riguardava la fiction, in proprio, per tanti spettacoli di successo. Il suo carnet ormai vantava tanti zeri, alla faccia di quando lavorava per un pranzo ed una cena, dormendo magari nello sgabuzzino di qualche teatro di posa! Altri tempi! Aveva cambiato il nome, all’inizio della carriera, perchè Maurandrea Costaniente faceva proprio ridere. Quante volte aveva dovuto inghiottire il rospo della battuta cretina sul sesso incerto alla nascita, così da vedersi imposto un nome incerto, o sul valore intrinseco (più frequente) visto il cognome! Ma ora nessuno dei vecchi conoscenti aveva nulla da eccepire, anzi si vantavano della passata frequentazione! Vermi! E proprio per imporsi la scalata aveva scelto il “ costante “ così da non cedere a nessuna caduta!

La Mery, era letteralmente caduta tra le sue braccia un giorno di pioggia, scivolando da un marciapiede. Le aveva evitato il tonfo, e l’aveva invitata prima allo studio dove lavorava, poi a cena.

E da cosa nasce cosa...

cosa nasce non si sa,

..fino a che non avverrà!

Ieri era stato contattato dal grande “Capo” ( più basso di lui!) per l’esplosione nucleare del nuovo set cinematografico, quasi-quasi... stava nascendo un’ideuzza per uno spettacolo dalle rive di quel lago che aveva visto nella splendida luce meridiana... col tempo...

Attanasia, salendo con leggiadria le scale raggiunse in quel momento il gruppo, attirando l’attenzione della regista, che la vide già inserita nel cast, nelle vesti della nipote ritrovata, o della nobildonna, magari amante segreta di qualche torbido individuo, così da introdurre qualche bella scena di sesso intrigantemente complicato, come richiesto da “sua eccellenza” , anche perchè si sarebbe divertita a vedere le facce dei paesani in gioco.

Mauri, invece, non riusciva a distogliere gli occhi, e l’unico neurone rimasto attivo dopo l’improvviso collasso di tutti gli altri, dalla schiena della meravigliosa creatura, che lo aveva superato offrendogli un sorriso di scusa che lo aveva tramortito. Il pensiero si era cristallizzato all’improvviso, precipitando dalla scatola cranica verso il sud, in una reazione terribilmente umana!

Il Cav. facendo le debite presentazioni, sfiorò con la mano i fianchi della signora, provando quello strano senso di calore, che da secoli non provava più... tutte le pillole che si sparava lo avevano reso piuttosto difficile nel discorso, ma la novità lo aiutava sempre.

Fu Mery che, apostrofando il marito con un –“Senti Caro…” , ruppe l’incantesimo, facendo rientrare occhi e.. il resto nelle sedi appropriate. Il cervello vulcanico della regista aveva realizzato un piano particolareggiato per le prossime riprese, piano da trasbordare nel cervello del coniuge, che avrebbe dovuto poi occuparsi di trasferirlo a chi di dovere.

Pietro , nel frattempo, era occupato nella difficile arte dello chaperon, attorniato dalle “donne” del cast, che facevano a gara per ottenere le sue attenzioni, facendolo sentire speciale, cosa che non gli succedeva più da parecchio tempo, visto che era sempre impegnato nell’adorazione pretesa dalla moglie.

Nel caos generale Fiorella riusciva a passare inosservata, perché celava le sue grazie sotto ad un grembiule di due taglie più grande di lei, e lo splendido viso abbassando la testa all’apparire di ogni estraneo. Aveva portato i suoi cani nella casetta infondo al bosco che scendeva verso il lago, la stessa in cui si rifugiava quand’era piccola, dove la mamma la trovava sempre dopo ogni “litigio”. Era un piccolo capanno dalle pareti di legno, con due grandi finestre, una a monte una a valle, ed un recinto di legno su due lati, in cui crescevano le viole in primavera. I Cagnolini erano felici di stare con Fiorella, perché lei li accudiva con vero amore, e confidava loro tutte le sue pene. Loro capivano le sue parole e la consigliavano e consolavano a modo loro.

Nessuno si accorgeva della sua sparizione. Attanasia non aveva certo piacere a dividere la sua “platea” con quella fanciulla, bella quanto e più di lei, tanto che non le permetteva di abbigliarsi se non con abiti “casti” e obbrobriosamente vetusti. Pietro era talmente avvolto dalle attenzioni e dal suo ruolo di “ospite” che aveva messo in naftalina la parte di “cervello paterno”. Il Cav. e la sua corte praticamente avevano dimenticato, o non conoscevano, l’esistenza della fanciulla. Così Fiorella poteva vivere indisturbata, con i suoi sette cani, il caos di quei momenti.

Andava avanti ed indietro accompagnata solo da Cleò, la sua cagnolina bianca e nera che “la seguiva come un cane”, senza staccarsi mai da lei, timorosa anche della sua ombra.

Come piaceva a Fiorella osservare, da qualche angolo buio, il viavai di tutta quella gente, il pavoneggiarsi di attori e familiari, il comportamento servile nei confronti del Cav. di tanti personaggi, a partire dal buon Fedele, il gusto perverso per la sevizia morale della Mery, il boffonchiso apporto all’organizzazione delle riprese del Mauri, le manfrine dell’Attanasia per attirare gli sguardi, anche dei “ragazzotti” ingaggiati come facchini.

Nessuno pensava a lei, nessuno, nel caos generale, vedeva quel volto virginale, quegli occhi di velluto, quella figura morbidamente flessuosa sotto il camicione informe, e … come si addice ad una storia,.. “galeotta fu Cleò”, la splendida ancella di tal gentil Donzella!

Cleò, la cagnolina bianca e nera, con la sua paranoica paura di tutti e di tutto, un giorno, mentre accompagnava Fiorella, assieme a Didi la gatta nera, a dar da mangiare agli altri cani nel recinto del capanno, fu spaventata da qualcuno che passava per caso, iniziando, con i suoi latrati, una prevedibile “cagnara”, completa delle urla di terrore del povero malcapitato cui Didi aveva attraversato, letteralmente, il passo, provocandogli una specie di infarto , anche perché era terribilmente superstizioso.

Povero Paul ! La sua passeggiata si era trasformata in un istante nel peggior incubo della sua vita! Caduto a terra, con il muso di quattro cani ad un palmo dalla faccia, un gatto nero dalla schiena arruffata che lo osserva dall’alto di un palo di un recinto, e, per di più, con una mano in qualcosa di morbido viscido e caldo!

Fiorella, reprimendo l’istinto di ridere a crepapelle con il pensiero di un qualche danno fisico al malcapitato, sollecita si avvicina al povero attore, che lei ben conosce per averlo visto in azione, e si affaccia nella sua sfera visiva, tra il muso di Pio, il lupo nero, e quello della vezzosa Cleò, che, superate le ritrosie, cerca di annusare l’estraneo.

Occhi negli occhi per la prima volta, i due giovani provano la strana sensazione di una sospensione temporale, nel silenzio dell’universo esistono solo loro, due piccole stelle destinate ad illuminare il futuro con la loro luce. L’incantesimo viene rotto dal naso umido di Cleò, che sfiora la guancia di Fiorella riconducendola alla realtà. Una mano si tende verso il giovane che l’afferra d’istinto, poi, affondando ancor più l’altra mano nella “cosa” viscida per trovare appoggio, senza abbandonare mai lo sguardi della ragazza, si solleva a sedere.

-“Vi siete fatto male?” – chiede Fiorella spostando lo sguardo lungo il tronco muscoloso ed abbronzato di Paul, ed osservando l’altra mano immersa nel fango.

-“Nulla! Forse mi son solo sporcato un po’”.- Risponde con voce baritonale il bell’esemplare della razza umana, dimentico di ogni cattivo pensiero passato nelle sue meningi negli ultimi giorni.

La ragazza gli porge un tovagliolo rosso e blu, estratto dal grosso tascone del grembiule, per aiutarlo a detergere lo sporco. Ma per Paul ormai nulla ha più importanza, il mondo è scomparso in quegli occhi dolcissimi velati da quelle ciglia di velluto, e l’unico suono esistente sono le parole che escono dalle labbra turgide della fanciulla! Innamorato perso! Mai successo! Nessuna donna avrebbe potuto mai gareggiare con tanta bellezza! Neppure Attanasia, con la quale aveva flirtato qualche ora prima!

-“ Chi sei? Come ti chiami?”- chiede istintivamente l’attore.

-“Fiorella, e sono la figlia di Pietro De’Fresconi, il padrone di casa del vostro nuovo set”.

-“Come mai non ti ho mai vista allora?”-

-“Non mi piace l’attenzione degli altri, preferisco i miei cani ed i miei gatti.”-

La fanciulla si dirige verso il capanno, dove avrebbe potuto far lavare le mani a Paul. Entrano dalla porta principale, e tutti i cani che erano nel cortile li circondano..

-“ Buoni! Calmi! Questo è un amico! Seduti! Bravi, bene così!

Paul ti presento Pio, lo hai già visto, questa è Cleò, questa Meggy, questo più anziano è Love, il mio primo cane, questa ritrosa è Viola, questo è Attila, ed in fine la peperina Milly, che ne combina sempre una! La gattina nera è Didi, la mia ombra, mi segue sempre, e mi protegge anche dai malintenzionati. Da bravi! Salutate Paul!” –

Pio tende la zampa e Milly sorride alzando il labbro superiore per qualche istante. Love bofonchia e gli altri rispondono con un latrato. Fiorella è la vera capobranco. Solo Didi guarda la scena dall’alto di uno scaffale con la degnazione di una vera regina!

Paul sorride e tende la mano verso il lupo nero che gli concede l’onore del saluto. Affascinato da una situazione così strana non pensa più ai pantaloni inzaccherati ed alla mano non troppo pulita.

-“se ti vuoi lavare le mani…” – Fiorella lo invita stando accanto al lavandino.

Poco più tardi, i due giovani, seguiti dalle immancabili amiche Cleò e Didi, si avviano verso la casa nel paese, camminando vicini, lei con lo sguardo brillante e sorridente ascolta le parole di lui, che non l’abbandona mai con gli occhi, tanto da inciampare più volte, vicini più di quanto lo spazio tra loro possa far intendere, avvolti nella luce cangiante del pomeriggio nel bosco.

Mary, affacciata ad una delle finestre della casa improvvisamente percepisce la scena, e con un urlo abbranca un cameraman, per immortalare la coppia in avvicinamento.

-“ Li vedi?! Riprendili! Che poi ci faccio fare la sceneggiatura e usiamo il pezzo in qualche modo! Ma chi cavolo sarà quella, però cammina con una grazia tale… Quello è Paul… Si! Una storia d’amore! La cenerentola del borgo selvaggio! …Mauriiiiiiiiiii !!! Guarda che scena!!! Presto! ..”

Il coniuge, accorso alla velocità che la sua stazza gli permetteva, osserva le ultime fasi del rientro di Paul e Fiorella, cominciando a sentire una nota d’invidia inspiegabile nei confronti del giovine attore. Anche Attanasia osserva dalla finestra accanto la scena, e comunica ai presenti che si tratta della figliastra, un’insipida ragazzina, “caruccia”, certo, ma…

Quando i due entrano nell’androne, son già in posizione due telecamere pronte a riprendere l’incontro tra Pietro e la figlia accompagnata dal nuovo venuto, mentre Attanasia s’infila nell’inquadratura per esprimere la sua tenerezza verso la “piccola” con una carezza sdolcinata.

Ormai l’ingranaggio è in moto, anche Fiorella e la sua piccola Cleò vengono triturate dal tritacarne mediatico, mentre la realtà di un amore si intreccia con la trama di una fantasia mercenaria, e l’essere si confonde con l’apparire nella nuova esistenza del “piccolo borgo Selvaggio”, che ormai nulla riporterà alla serena e semplice vita di prima, perché non esiste veleno peggiore del nutrimento dell’avidità e del desiderio di immagine che alberga in ognuno.

E tutti continuarono a vivere.. personaggi veri di una storia inventata…



PERSONAGGI ED INTERPRETI:

Il produttore cinematografico Cav. Arroganza

L’attor giovine, Paul

Il vecchio Fedele

La regista Mery

L’aiuto regista, Mauri Costante

la protagonista buona, Lea

l’attrice anziana, Avi Chinazzi

padrone di casa, Pietro De’Fresconi,

La moglie del padrone di casa , Attanasia

La figlia del padrone di casa, Fiorella



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